[110] Sekso

 

Iniziamo da alcune osservazioni grammaticali. Come più volte notato, l’esperanto ha una notevole capacità di creare neologismi servendosi di composti, come nel caso che ora proponiamo: sentabuiĝi. In essa si possono riconoscere, partendo dal fondo, la desinenza dell’infinito verbale –i, il suffisso che indica “diventare” –iĝ– [cf. esperantiĝi], tabu “tabù” e sen– “senza”. Il verbo significa dunque “liberarsi dai tabù”, letteralmente “diventare senza tabù”, come nella frase En 1968 en Okcidento la sekso sentabuiĝis “Nel 1968 in Occidente il sesso si liberò dai tabù”


La libertà è fra le caratteristiche più diffuse nel movimento esperantista, essenzialmente aperto e tollerante, e quella sessuale non è da meno: gli esperantisti sono particolarmente validi nelle relazioni internazionali e spesso nel movimento appaiono i figli di questi “relazioni”. La terminologia sessuale in esperanto è comunque andata incontro a una profonda evoluzione nei suoi 125 anni di storia.

Va detto che fino agli anni ‘30 l’esperanto era una lingua più scritta che parlata, e quindi i termini espliciti erano  poco diffusi, e molti esperantisti nemmeno li conoscevano. Il tabù fu rotto nel 1932, quando un autore che si celava dietro lo pseudonimo esplicativo di Peter Peneter pubblicò una raccolta di 52 sonetti col titolo Sekretaj sonetoj: il sottotitolo diceva “ai fidanzati e alle giovani coppie per istruzione e stimolo”, e dalla qualità dei sonetti si poté subito riconoscere che si trattava di un’opera di letteratura erotica di altissima qualità; chi volesse leggerli, li può scaricare gratuitamente dalla rete (http://www.esperanto.mv.ru/Kolekto/Sekretaj_sonetoj.html). In questa opera venivano anche introdotti neologismi per indicare organi e comportamenti che fino ad allora non avevano avuto cittadinanza nella letteratura esperantista, e alla fine, pure in versi, si trova un dizionarietto che li spiega. Naturalmente molti si domandarono chi fosse l’autore, e trapelò l’informazione (non ufficiale) che si trattava nientemeno che di Kálmán Kalocsay, il quale avrebbe ammesso che non intendeva sfidare l’opinione dei moralisti, ma dimostrare che l’esperanto si prestava anche all’erotismo. Nel 1965 i sonetti furono pubblicati nuovamente, sotto il titolo Libro de amo, con l’aggiunta di altri poemi erotici, originali e tradotti, di un autore con lo pseudonimo di Georgo Peterido Peneter, che si dichiarava figlio di Peter; anche i nuovi testi erano di alta qualità e introducevano alcuni altri neologismi, ed è opinione comune che dietro lo pseudonimo si nasconda Gaston Waringhien, il quale aveva anche lasciato una serie di poemi erotici inediti, che videro la luce dopo la sua morte col bizzarro titolo La Kancerkliniko (“La clinica oncologica”).

Negli anni ’70 comparve anche un dizionario specialistico sull’erotismo, pubblicato sotto il titolo ABZ de amo… (autori: Inge e Sten Hegeler), mentre nel 1989 uscì, a cura dell'italiano Renato Corsetti, il volume Knedu min, sinjorino! (“Impastami, signora!”) che, facendo il verso al celebre romanzo Kredu min, sinjorino! (“Credimi, signora!”), presentava una vasta gamma di espressioni tabù od offensive. Negli anni ‘90 invece hanno riscosso grande successo le strisce comiche semipornografiche del catalano Arnau Torras aventi come protagonista il Doktoro Senesperanto alla ricerca della bona etoso. Riguardo l'attività culturale contemporanea, è sicuramente memorabile la puntata del cabaret radiofonico Pariza ventro (“Il ventre parigino”) di Radio Muzaiko sul tema daŭripova seksumado (“sesso sostenibile”).


L’omosessualità è accettata già da molto tempo nel movimento esperantista, ed è espressa dal termine samseksemo, composto da –o desinenza del sostantivo, -em- “tendenza”, seks- “sesso” e sam- “stesso”. Il significato letterale è dunque “tendenza allo stesso sesso”, e ne deriva samseksulo “omosessuale”.


Rimanendo in àmbito lessicale, per il vero e proprio atto sessuale e possibili sinonimi riportiamo alcune espressioni tratte dai Sekretaj Sonetoj, talune metaforiche, altre meno eufemistiche: a voi – in possesso ormai di ogni strumento necessario – l’avventura di provare a tradurli e cogliere ogni riferimento.


Por la unua, dolĉa foj’: deflori,
kaj poste: nupti, karnon miksi, trui,
seksumi, kaj koiti, kaj geĝui,
kopuli, kohabiti kaj amori.

Enpafi, ŝtopi, vosti, grotesplori,
palisi, kaj bambui, kaj geglui,
kunkuŝi, kaj interne intervjui,
bombardi sube, mini, lanci, bori.

Kaj broson brosi, glavon karnan ingi,
buteron kirli, sondi, piŝti, piki,
kamenbalai, inan ingon klingi,

surpingli, karnon planti, truon fliki,
la brulon per la akvotub’ estingi,
tranajli, spili, ŝargi, farĉi, fiki.

La varietà, evidentemente, riguarda anche gli organi sessuali maschile e femminile, di cui possiamo portare qualche esempio. Nel linguaggio scientifico sono usate radici latine quali peniso e vagino, mentre passando a un registro volgare troviamo rispettivamente kaco (di chiara origine italiana, tanto che anche la pronuncia è la stessa) e piĉo (radice comune tra le lingue slave), per arrivare a degli eufemismi quali ilo (“strumento”) e ingo (“contenitore parziale”).


Il genere grammaticale, invece, in esperanto non esiste: aggettivi e articoli sono invariabili, come abbiamo già notato. Tuttavia è possibile, evidentemente, indicare il sesso di una persona o di un animale. In particolare, è l’utilizzo del suffisso -in- che rende una parola femminile:

viro = uomo
virino = donna

È culturalmente interessante sottolineare come direttamente da tale suffisso sia ricavato il termine ina = “femminile”, mentre il suo opposto “maschile” è, grammaticalmente, il suo contrario: malina (il prefisso mal- è quello che indica l’opposto).

Per radici neutre è possibile utilizzare anche il prefisso vir- per specificare la mascolinità:

ĉevalo = cavallo
ĉevalino = cavalla
virĉevalo = stallone

Il prefisso ge- invece indica l'appartenenza ad entrambi i sessi:

patro = padre
patrino = madre
gepatroj = genitori


Terminiamo con una coincidenza cronologica: nello stesso 1887 in cui Zamenhof pubblicava il primo manuale di esperanto, in un articolo di Alfredo Binetti apparve per la prima volta la parola “feticismo”. Come dice il proverbio: Kiom da homoj, tiom da gustoj [919], equivalente del nostro De gustibus non disputandum est!


 

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