[42] Stanislav Schulhof

 
Dentista cecoslovacco (1864-1919), è partecipe attivo del movimento locale e poeta. Ricordiamo almeno, fra la produzione originale, Per espero al despero (1911), Kion la vivo alportis (1911), Aŭtunaj floroj (1912). L’intera famiglia Schulhof, che apprese dal padre l’esperanto, fu perseguitata durante la seconda guerra mondiale a causa dell’appartenenza al popolo ebraico: il figlio Jaroslav, dentista e musicista di talento, morì nel maggio 1942 in campo di concentramento, come pure la moglie Hermína, che visse nel ghetto di Terezín dal 1942 alla morte nel gennaio 1945.

Per un profilo in lingvo internacia cf. http://eo.wikipedia.org/wiki/Stanislav_Schulhof.

Kanto de l’ sklavo

Il canto dello schiavo

Nun mi hele vidas, ke la sorto mia
estas alligita al vi per kateno,
ke mi nune ĉiam kun vi devos iri,
ke mi certe ne sukcesos jam akiri
liberecon, mia nova suvereno!
 
Multfoje mi forĵetis mian plumon,
eĉ emblemon vian, stelon kvinradian,
en la koro fajron mi estingi penis,
sed vi senkompate ĉiam min ekprenis
kaj min pluen, pluen trenis, sklavon vian.
 
Al vi apartenas nune vivo mia,
ĉio, kion jaroj lasis en la koro;
vin mi nune sekvas kiel somnambulo,
tute kontraŭ vole, tute sen postulo
kaj mi jam ne revas eĉ pri laŭr’ kaj gloro.
 
Kie vi nur prenis tiun sorĉan forton?
Vi tra landoj marsˆas sen la sang’ sur glavoj,
sen kanonoj, nur kun via verda stelo,
kaj vin malgraŭ tio sekvas sen ribelo
ĉiam novaj, blinde obeemaj sklavoj.
 
Pli kruelan, ol la famaj uzurpantoj
vi alportis al ni en la mondon moron;
ili piedbatis homajn liberecojn,
de la landoj ŝiris partojn, limojn, pecojn,
sed vi sˆiras el la brustoj nian koron.
Ora vedo chiaramente che la sorte mia
è legata a te da una catena,
che ora e per sempre dovrò andare con te,
che certamente non mi riuscirà di conquistare
la libertà, mio nuovo sovrano!
 
Più volte ho gettato via la penna,
persino il tuo emblema, la stella a cinque raggi [> 27],
mi sono sforzato di spegnere il fuoco nel cuore,
ma senza compassione tu sempre mi hai ripreso
e mi hai trascinato più e più, schiavo tuo.
 
A te appartiene ora la mia vita,
tutto ciò che gli anni hanno lasciato nel cuore;
ti seguo ora come un sonnambulo,
del tutto controvoglia, del tutto senza pretesa
e già non sogno neppure dell'alloro e della gloria.
 
Dove, tu solo, hai preso una tale forza magica?
Marci fra i Paesi senza sangue sulle spade,
senza cannoni, solo con la tua stella verde,
e malgrado questo ti seguono senza ribellarsi
schiavi sempre nuovi, ciecamente obbedienti.
 
Ci hai portato nel mondo un'usanza
più crudele di quella dei famosi usurpatori;
loro hanno calpestato le libertà umane,
dai Paesi hanno strappato parti, confini, pezzi,
ma tu strappi dal petto il nostro cuore.


Riassumendo – banalizzandola – la splendida poesia appena letta, potremmo recuperare il modo di dire: Danci laŭ ies fajfilo [278] “muoversi al fischiare di qualcuno”, dove ies (genitivo di iu, qualcuno), in questo caso renderebbe la frase così contestualizzata: danci laŭ la fajfil de esperanto.

 

Federazione Esperantista Italiana

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Città di Mazara del Vallo

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